Abuso del congedo parentale

Il padre che utilizza il congedo parentale deve servirsene per gli scopi previsti dalla normativa, la cura del figlio; diversamente configura un abuso.

Per comprendere se il lavoratore ne abbia davvero abusato occorre però una valutazione in concreto del suo comportamento e delle motivazioni.

Con un’ordinanza di pochi giorni fa la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire quali siano i criteri per considerare legittima o meno la condotta del lavoratore che si serva del tempo del congedo parentale, anche momentaneamente, per altri scopi.

Ricordiamo innanzitutto in poche righe cosa prevede il congedo parentale.

Come ricorda la pagina dedicata dell’INPS, si tratta di un periodo di astensione facoltativa dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfarne i suoi bisogni affettivi e relazionali.

Il congedo parentale spetta ai genitori entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo, tra i due genitori, non superiore a dieci mesi.

I mesi previsti sono elevabili a undici se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, di almeno tre mesi.

I genitori possono godere del congedo parentale anche contemporaneamente.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il datore di lavoro ha licenziato il lavoratore addebitandogli di aver utilizzato un breve periodo del congedo parentale per recarsi all’estero, nel paese di origine.

Se in primo grado il Tribunale ha ritenuto legittimo il licenziamento, la Corte d’Appello ha riformato la decisione accertando l’illegittimità del licenziamento e disponendo la reintegra (attenuata) del lavoratore.

Il dipendente, secondo la tesi dell’azienda, si sarebbe recato all’estero per assistere l’anziana madre, aggravatasi improvvisamente, proprio durante i giorni di congedo.

Per la società si sarebbe trattato di un abuso, essendo chiaro che allontanandosi dall’Italia non avrebbe potuto occuparsi del figlio minore, rimasto con la moglie.

La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’illegittimità del licenziamento.

La Suprema Corte parte da questa riflessione, per escludere che il lavoratore possa aver in concreto compiuto un abuso: “sul piano sistematico e ordinamentale può dirsi che, sotto il profilo oggettivo, il concetto di “abuso del diritto” implichi l’assenza di funzione, ossia un esercizio del diritto solo apparente, privo di qualunque legame ed utilità rispetto allo scopo per il quale quel diritto è riconosciuto dal legislatore. Sul piano soggettivo è necessario un elemento psicologico, di natura intenzionale o dolosa, che parimenti deve essere accertato, sia pure mediante presunzioni semplici, dalle quali sia possibile individuare la finalità di pregiudicare interessi altrui“.

Facendo applicazione di questi principi, nel caso andava escluso che il lavoratore avesse utilizzato impropriamente il congedo.

Cassazione_Civile_Sezione_Lavoro_ordinanza_n. 6993_16.03.2025