Assoluzione opponibile al datore solo se presente al processo penale, ordinanza della Cassazione

La recente ordinanza numero 9454 del 6 aprile 2023 della Cassazione ha stabilito che nel giudizio sulla legittimità del licenziamento per giusta causa, il giudicato penale può essere opponibile al datore di lavoro solo se quest’ultimo ha preso parte al processo penale.

In altre parole, se il lavoratore è stato assolto per il fatto che ha portato all’intimazione del licenziamento, il datore di lavoro può far valere il giudicato penale solo se ha partecipato al processo penale. Questa sentenza ha importanti implicazioni per la tutela dei lavoratori e per le aziende che intendano licenziare il personale per motivi disciplinari.

Nel caso in questione, il dipendente di una società energetica ha chiesto di essere reintegrato dopo esser stato licenziato in quanto accusato di aver effettuato un allaccio abusivo alla rete elettrica in favore della sua abitazione. Il lavoratore ha affermato di essere stato assolto in sede penale per i medesimi fatti. Tuttavia, la Corte d’Appello ha confermato la legittimità del licenziamento, poiché i due giudizi sono indipendenti tra loro.

La Cassazione afferma che l’efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi deve essere regolata dall’art. 654 c.p.p. Secondo gli ermellini nei giudizi civili o amministrativi non di danno, il giudicato penale di assoluzione non è opponibile ai soggetti che non abbiano partecipato al relativo processo. Pertanto, il giudice civile può compiere un autonomo accertamento della vicenda sotto il profilo disciplinare.

La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso di un lavoratore e confermato la legittimità del licenziamento irrogatogli.

Avvocato Ester Cattaneo