Cassazione: attività sindacale violenta non è reato di associazione a delinquere
La Cassazione penale ha emesso la sentenza n. 21400 del 18 maggio 2023, stabilendo che l’attività sindacale, anche se svolta in modo violento, non costituisce reato di associazione per delinquere quando l’obiettivo è migliorare le condizioni lavorative.
Il caso esaminato ha riguardato i rappresentanti di un sindacato accusati di associazione a delinquere a causa dei loro sforzi per reclutare lavoratori nel settore della logistica e per entrare in conflitto con un altro sindacato. Queste azioni hanno provocato scontri con i datori di lavoro, comportato il picchettaggio illegale, l’occupazione delle strade, il sabotaggio sistematico e l’incitamento dei dipendenti a forme di lotta illecite.
La Cassazione ha rilevato preliminarmente che, in teoria, è possibile configurare un’associazione a delinquere tra individui che svolgono attività sindacale, a condizione che tale attività superi i limiti imposti dall’esercizio legittimo dei diritti sindacali sanciti dalla Costituzione.
Tuttavia, continua la sentenza, in questi casi è estremamente difficile provare l’esistenza di tale reato, poiché il programma criminale tende a confondersi con le specifiche finalità del sindacato, rendendo difficile distinguere quando il comportamento dei singoli sindacalisti accusati sia finalizzato a interessi personali di profitto e potere, e quando invece rappresenti una lotta, anche se dura, per ottenere migliori condizioni di lavoro.
Secondo i giudici, nel caso specifico, non è stata fornita una prova certa di colpevolezza, poiché le finalità attribuite all’associazione per delinquere corrispondono alle finalità tipiche di qualsiasi sindacato.
Sulla base di queste premesse, la Corte Suprema ha respinto il ricorso presentato dal Pubblico Ministero, confermando l’innocenza dei rappresentanti sindacali imputati dei reati a loro ascritti.
Avvocato Ester Cattaneo