Il datore di lavoro non può imporre le ferie (Corte di Cassazione, Sentenza n. 24977 del 19 agosto 2022)

La Cassazione precisa che il datore di lavoro non può imporre ai lavoratori un periodo di ferie, senza averlo concordato e comunicando loro la decisione con la sola elaborazione del cedolino paga.

I lavoratori, posti in cassa integrazione, non hanno in effetti potuto godere le ferie, il cui fine è il ristoro delle energie psicofisiche.

La sentenza non modifica l’orientamento che attribuisce al datore di lavoro il potere di indicare il periodo di ferie in base alle esigenze aziendali, ma ricorda ancora una volta che le ferie non possono essere imposte arbitrariamente e debbono, nel rispetto della libertà imprenditoriale e della complessiva organizzazione dell’attiività, essere concordate con il lavoratore.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5506-2018 proposto da:
ELECTROLUX ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI
27, presso Studio TRIFIRO’ & PARTNERS AVVOCATI, rappresentata e
difesa dagli avvocati GIACINTO FAVALLI, ROMEO BIANCHEN, PAOLO
ZUCCHINALI, MARINA MARIA TONA;
– ricorrente –
contro
A.S.K., A.A.M., A.V.,
A.A., A.J.O., A.M.R.,
A.E.A.C., B.A., B.B., B.R.,
B.A., B.C., B.M.A., B.R.,
B.M.L., B.S., B.A., B.C.,
B.M., B.S., B.V., B.A.,
B.M., C.D., C.D., C.M.,
C.R., C.M., C.S., C.G.,
C.M., C.G., C.F.C., C.R.,
C.C., C.L., D.R.N., D.R.S.,
D.B.P., D.P.S., D.V.E.,
D.A., D.A., D.A., D.B.A.,
D.B.M., D.L.R., D.R.A., D.Z.M.,
D.S.L., D.N., E.P.E.,
E.D.F., E.M., F.D., F.G.,
F.I., F.D., F.I., G.P.,
G.G., G.G., G.S., G.X., G.X.,
K.A., L.V., L.G., L.M., L.C.,
L.F., L.M., M.I., M.D.,
M.R., M.M., M.M., M.D.,
M.D., M.M., M.M.G., N.J.,
O.M.L., O.M., O.B., O.L.,
P.R., P.M., P.A., P.M.,
P.M., P.A., P.N., P.S.L.,
Q.A., R.F., R.M., R.P.,
R.G., R.G., S.L., S.A., S.Y.,
S.A., T.K., T.S., T.G.,
T.N., T.M., V.D., V.G.,
V.F., W.T., Y.J., Z.S., Z.C.,
Z.A., Z.L., tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA ASIAGO, 9, presso lo studio dell’avvocato GIACOMO SUMMA,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO AIELLO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 263/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,
depositata il 10/08/2C17 R.G.N. 11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/01/2022 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

Fatto
RILEVATO IN FATTO
Che:

1. La Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Pordenone che, in accoglimento delle domande avanzate da numerosi lavoratori dipendenti della Electrolux Italia s.p.a. in epigrafe specificatamente indicati, ha dichiarato l’illegittimità della condotta di Electrolux Italia s.p.a. che aveva unilateralmente collocato in ferie i lavoratori negli anni 2012 e 2013 ed ha conseguentemente condannato la società a ripristinare in favore di ciascuno il monte ore illegittimamente decurtato.

2. Il giudice di appello ha ritenuto che le modalità di collocazione in ferie del lavoratore e la sua comunicazione devono essere tali da consentirgli di organizzarsi per fruirne in concreto nel periodo di riposo determinato unilateralmente dal datore di lavoro. Il potere di determinare il periodo di fruizione delle ferie deve tenere conto degli interessi del lavoratore. Deve risultare utile alle esigenze dell’impresa ma non vessatorio nei riguardi del lavoratore, delle cui legittime esigenze deve tenere conto, comunicando, inoltre, il periodo unilateralmente stabilito per la fruizione così da consentire una loro proficua organizzazione. Tanto premesso la Corte territoriale ha accertato che non era stata allegata né tantomeno provata la preventiva comunicazione ai singoli lavoratori della necessità di esaurire le ferie residue. La comunicazione, che era stata inviata solo alla RSU, anche ammesso che i lavoratori ne fossero stati posti a conoscenza, non era comunque equiparabile a quella dovuta singolarmente e con l’individuazione per ciascun lavoratore del lasso temporale entro il quale sarebbe stato collocato in ferie. Inoltre, il giudice di appello ha sottolineato che alcune ore di CIOS erano state indicate nelle buste paga come ferie fruite e dunque i lavoratori avevano appreso del forzoso collocamento in ferie solo dall’esame dei prospetti paga. Pertanto, la sentenza ha confermato che i lavoratori ricorrenti avevano diritto al risarcimento del danno atteso che le modalità di concessione delle ferie in concreto adottate avevano, presuntivamente, precluso una effettiva programmazione delle ferie e determinato “l’impossibilità di un effettivo ristoro delle energie psicofisiche”. Il giudice di secondo grado ha, quindi, ritenuto che potesse essere riattribuito il monte ore decurtato, con reintegrazione in forma specifica, non risultando allegato che tale modalità di ristoro fosse particolarmente gravosa rispetto ad un risarcimento per equivalente e non risultando alcuna duplicazione o ingiustificato arricchimento del lavoratore. Ha osservato infatti che deve presupporsi che nel periodo in questione i lavoratori non avessero potuto conseguire l’effetto ristoro delle energie lavorative. Per la quantificazione delle ferie, infine, la Corte di appello ha ritenuto di confermare i dati emergenti dalle tabelle allegate in giudizio che non erano state specificatamente contestate nel loro contenuto dalla società datrice.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Electrolux Italia s.p.a. affidato a sei motivi. I lavoratori hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 2109 c.c. e del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 anche con riguardo all’art. 39 Cost. e L. n. 300 del 1970, art. 19 per avere il giudice di merito ritenuto che l’art. 2109 c.c. imponesse, sempre e comunque, la preventiva comunicazione a ciascun lavoratore e per ciascun singolo periodo di assenza per ferie. Ha escluso infatti l’equipollenza della comunicazione effettuata alla RSU.

5. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e si deduce che la sentenza sarebbe incorsa nella denunciata violazione per avere trascurato di prendere in esame la prassi aziendale che aveva ad oggetto la preventiva fruizione delle ferie residue in occasione della necessità di procedere alla collocazione dei lavoratori in CIGS con conseguente l’esclusione di un obbligo di comunicazione ai singoli lavoratori della necessità di esaurire le ferie accumulate.

6. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’art. 2109 c.c. anche in relazione alla L. n. 164 del 1975 e ss.mm., ancora una volta, con riguardo all’obbligo di preventiva e singola comunicazione ad ogni lavoratore della sua collocazione in ferie prima del trattamento di integrazione salariale.

7. Il quarto motivo di ricorso ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c. e del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 anche con riguardo agli artt. 1218,1219,1326 e 1362 c.c. per avere la Corte di appello ritenuto irrilevante il fatto che l’avvenuta collocazione in ferie era circostanza non contestata da parte dei lavoratori.

8. Sempre in relazione all’art. 2109 c.c. ed al D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 10 oltre che con riguardo agli artt. 1218,1219,1223 e 2697 c.c. ed all’art. 115 c.p.c., con il quinto motivo di ricorso si deduce che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto sussistente il diritto dei lavoratori ricorrenti al risarcimento dei danni pur in assenza della prova dell’esistenza di un qualche danno ovvero della prova dell’impossibilità di ristoro delle energie lavorative.

9. L’ultimo motivo di ricorso infine denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c., anche con riguardo agli artt. 1218,1219 e 1223 c.c., laddove il giudice di appello ha ritenuto che correttamente fosse stato disposto in primo grado, a titolo risarcitorio in forma specifica, il ripristino del monte ore ferie nella misura indicata dai lavoratori in primo grado.

10. Il ricorso non può essere accolto.

11. In via generale va rammentato che “il potere attribuito all’imprenditore, a norma dell’art. 2109 c.c., di fissare il periodo di godimento delle ferie da parte dei dipendenti implica anche quello di modificarlo pur in difetto di fatti sopravvenuti, in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali, senza che in senso contrario rilevi la prescrizione relativa alla comunicazione preventiva ai lavoratori del periodo stabilito, dalla quale tuttavia si desume, da un lato, che anche le modifiche debbono essere comunicate con preavviso e, dall’altro, che gli eventuali rilievi del lavoratore, che ritenga l’indicazione del datore di lavoro in contrasto con i propri interessi, devono intervenire senza dilazione” (cfr. Cass.11/02/2000 n. 1557 e Cass. 12/06/2001 n. 7951). L’esatta determinazione del periodo feriale, presupponendo una valutazione comparativa di diverse esigenze, spetta unicamente all’imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa ed al lavoratore compete soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca – ai solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali – i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Peraltro, allorché il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in altro periodo dell’anno non può desumersi alcuna rinuncia – che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 c.c.) – e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute (cfr. Cass. n. 7951 del 2001 cit.).

12. Si tratta di principio che risponde ad un equilibrato soddisfacimento delle posizioni soggettive contrapposte: quella del datore di lavoro di organizzare le ferie privilegiando le sue necessità. Quella dei lavoratori di essere in grado di conseguire il beneficio cui le ferie sono preordinate (il recupero energie psicofisiche).

13. In questa prospettiva la comunicazione inviata alla Rappresentanza Sindacale unitaria, di cui peraltro nel ricorso non è indicato in maniera specifica il contenuto, non può tenere il luogo di una comunicazione diretta ai singoli lavoratori della necessità di fruire delle ferie maturate ed ancora da godere prima dell’attivazione nei loro confronti della cassa integrazione guadagni straordinaria.

14. Peraltro, nel caso in esame è stato anche accertato che il collocamento forzoso in ferie dei lavoratori era stato disposto con una modalità del tutto peculiare (due, quattro o otto ore giornaliere durante il periodo di collocamento in CIGS), di cui gli stessi sono stati resi edotti peraltro solo successivamente al godimento e dalla consultazione delle buste paga. Si tratta all’evidenza di modalità di comunicazione che si pone in contrasto con l’oggettivo conseguimento della finalità cui le ferie sono intrinsecamente preordinate (il ristoro delle energie psico fisiche).

15. Quanto alla dedotta esistenza di una prassi aziendale (oggetto del secondo motivo di ricorso) di cui la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto, consistente nella fruizione delle ferie residue prima del collocamento in CIGS, va premesso che per essere sussistente è necessario che sia allegato e provato che il comportamento aveva carattere generale in quanto applicato nei confronti di tutti i dipendenti dell’azienda e protratto nel tempo (così, Cass. n. 18991 del 2008 e 8240 del 2010 tra le altre). L’accertamento dell’esistenza della prassi è riservato al giudice di merito che al riguardo dovrà valutare le circostanze di fatto allegate dalla parte che della prassi si vuole avvalere. Tanto premesso va rilevato che la Corte territoriale non si è sottratta a tale obbligo ed ha valutato le allegazioni formulate dalla società che ha ritenuto generiche /evidenziando che questa si era limitata ad allegare la notorietà della circostanza della necessità di godere delle ferie residue. Notorietà che avrebbe dovuto essere connotata dalla specifica allegazione di una reiterazione della condotta nel tempo tale da poter essere sussunta una prassi che deroghi agli obblighi di specifica interlocuzione con i singoli dipendenti per la definizione delle modalità di godimento delle ferie.

16. Il terzo motivo – con il quale si deduce che il carattere residuale dell’istituto della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria giustificherebbe che vi si ricorra solo dopo aver adottato ogni possibile azione per ridurre conseguenze e costi, e dunque avendo fatto smaltire le ferie arretrate e si supporta tale interpretazione richiamando la disciplina successivamente entrata in vigore insieme alla prassi che si deduce essere stata adottata in azienda – è del pari infondato intanto in quanto come si è detto nessuna prassi risulta essere stata accertata ed inoltre perché si pretende di interpretare la normativa applicabile al caso in esame utilizzando una disciplina sopravvenuta con la quale il legislatore ha definito un nuovo sistema degli ammortizzatori sociali, ridisegnando i criteri di concessione ed utilizzo della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, semplificando le procedure burocratiche di richiesta e concessione, ridefinendo il relativo campo di applicazione (cfr. Cass. n. 1890 del 2016).

17. Il quarto motivo, poi, presuppone una sorta di acquiescenza da parte dei lavoratori ed una implicita rinuncia in mancanza di una contestazione al collocamento in ferie che tuttavia mal si concilia con la mancanza di un qualsivoglia termine di decadenza entro il quale procedere a detta contestazione tenuto conto del fatto che la mera inerzia non è da sola sufficiente ad avvalorare la volontà del lavoratore di dismettere il suo diritto alle ferie, inconsapevolmente impostegli.

18. Il quinto motivo ed il sesto motivo hanno riguardo alla risarcibilità del danno, anche sotto il profilo della prova della sua esistenza, sul rilievo che lo stesse non sarebbe stato neppure allegato e provato. Si deduce infatti che i lavoratori, di fatto, avevano goduto delle ferie poiché non avevano prestato alcuna attività e non vi era prova che avessero sofferto alcun altro danno.

Rileva al riguardo il Collegio che la Corte territoriale con apprezzamento di fatto congruamente motivato ha accertato che la modalità con la quale i lavoratori erano stati collocati forzosamente ed inconsapevolmente in ferie, con un frazionamento orario giornaliero, aveva loro precluso di conseguire quegli specifici effetti cui le ferie risultano preordinate di ristoro effettivo delle energie psicofisiche e ricreazione. Inoltre il giudice di appello si è fatto carico di accertare che le specifiche tabelle riepilogative della situazione ferie dei singoli lavoratori non erano state puntualmente contestate dalla società e dunque erano state correttamente poste a fondamento della decisione di primo grado, e nel presente giudizio non viene specificatamente contestata tale affermazione che deve quindi essere confermata.

19. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della società soccombente e distratte in favore degli avvocati che se ne sono dichiarati anticipatari. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

PQM
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2022