Il principio dell’immutabililità della contestazione disciplinare

La Corte di Cassazione si pronuncia, ancora, sul principio dell’immutabilità della contestazione disciplinare.

Come noto, i licenziamenti di natura disciplinare debbono seguire le previsioni dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1970-05-20;300!vig=2023-10-21) con la contestazione preventiva dell’addebito al lavoratore.

Ricevuto l’addebito il lavoratore ha la possibilità di presentare le proprie giustificazioni, anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale cui conferisca mandato.

Il provvedimento conclusivo del procedimento (può essere conservativo, con la comminazione di un richiamo, una multa o una sospensione) deve essere concordante rispetto alle circostanze ed alle informazioni contenute nella comunicazione di avvio dell’iter disciplinare.

Si tratta, appunto, del principio dell’immutabilità della contestazione disciplinare.

Il principio in rassegna non può dirsi violato, come chiarito dalla Corte di Cassazione n. 26043 del 7 settembre 2023, se il datore di lavoro si limita ad operare una diversa qualificazione della fattispecie alla luce del codice disciplinare applicabile.

Nel caso scrutinato, la società aveva contestati inizialmente contestato  al lavoratore una grave insubordinazione prevista, comportante il licenziamento senza preavviso, e poi, in sede di irrogazione del licenziamento, la rissa sul luogo di lavoro, sanzionata dal licenziamento ma con preavviso.

Cassazione Civile Sezione Lavoro Sentenza n. 26043 del 7.09.2023