Indebito INPS sulle prestazioni non pensionistiche. Sentenza Corte Costituzionale n. 8 del 27 gennaio 2023.
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) può effettuare verifiche sulla regolarità e correttezza delle erogazioni delle prestazioni che riconosce (pensioni, NASPI, indennità di accompagnamento o invalidità, et cetera). Se nell’effettuare il controllo l’istituto rileva che il beneficiario non aveva diritto al versamento, procede a domandarne la restituzione.
Esiste una disciplina unicamente rispetto ai limiti imposti ad INPS per le prestazioni pensionistiche. Non sono infatti ripetibili gli importi che siano stati riconosciuti in forza di un provvedimento formale, come previsti dall’art. 13 della Legge n. 412 del 30 dicembre 1991 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1991-12-30;412!vig=2023-10-22) e dall’art. 52 della Legge n. 88 del 9 marzo 1989 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1989-03-09;88!vig=2023-10-22).
Non è mai stata approvata, invece, una normativa per regolare le ipotesi di pagamento da parte di INPS di prestazioni non pensionistiche che si siano rivelate non dovute.
La mancanza di previsioni legislative ha sempre portato INPS a ritenere configurato un indebito oggettivo, con facoltà di ripetere le somme entro i limiti della prescrizione estintiva decennale (art. 2033 del codice civile).
La giurisprudenza ha tentato di supplire a questa evidente carenza ed anche la Corte Costituzionale si è espressa sul punto, con la Sentenza n. 8 del 27 gennaio 2023, indicando quali debbano essere i limiti di INPS nel domandare la restituzione di importi indebitamente versati per prestazioni non aventi natura pensionistica.
Per la Corte Costituzionale, che ha comunque ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2033 del codice civile in relazione agli artt. 11 e 117 della Costituzione, la ripetizione dell’ente previdenziale deve essere improntata ai principi di correttezza e buona fede.
In particolare la richiesta non deve pregiudicare la condizione del beneficiario, se del caso sino a considerare le somme irrepetibili: “[…] la clausola della buona fede oggettiva consente, sul presupposto dell’affidamento ingenerato nell’accipiens, di adeguare, innanzitutto, tramite la rateizzazione, il quomodo dell’adempimento della prestazione restitutoria, tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell’obbligato. Inoltre, in presenza di particolari condizioni personali dell’accipiens e dell’eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili, la buona fede oggettiva può condurre, a seconda della gravità delle ipotesi, a ravvisare una inesigibilità temporanea o finanche parziale“.