La Cassazione conferma l’autonomia della contrattazione collettiva nel prevedere trattamenti differenziati per i contratti a termine

Una recente ordinanza della Cassazione, la numero 11663 del 4 maggio 2023, ha stabilito un principio di diritto rilevante per i lavoratori dipendenti pubblici con contratti a tempo determinato. Secondo questa pronuncia, l’art. 45 del D.Lgs. n. 165 del 2001 vieta trattamenti individuali che migliorino o peggiorino le condizioni previste dalla contrattazione collettiva. Tuttavia, tale disposizione non può essere utilizzata come criterio per valutare le differenziazioni introdotte dalla contrattazione collettiva stessa, poiché il legislatore ha garantito alle parti sociali piena autonomia per prevedere trattamenti differenziati basati su percorsi formativi diversi, esperienze specifiche e carriere professionali varie.

La questione oggetto di discussione riguardava una lavoratrice dipendente pubblica con un contratto a tempo determinato che aveva avviato una causa legale per ottenere il rimborso della somma indebitamente trattenuta dal trattamento di fine rapporto (TFR). La Corte d’Appello aveva accolto la richiesta della lavoratrice, sostenendo che tale trattenuta poteva essere effettuata solo per i contratti a tempo indeterminato.

La Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d’Appello, ha preliminarmente affermato che il D.Lgs. 165/2001 proibisce trattamenti individuali che migliorino o peggiorino le condizioni previste dalla contrattazione collettiva, ma non può essere utilizzato come criterio per giudicare le differenziazioni introdotte in tale ambito. Secondo i giudici, le parti sociali hanno il pieno potere di prevedere trattamenti differenziati basati sulle specificità dei vari rapporti di lavoro, come ad esempio la tipologia di contratto sottoscritto.

Pertanto, secondo la sentenza, è possibile prevedere trattamenti più favorevoli per i dipendenti con contratti a tempo determinato, giustificati dalla natura non stabile dell’impiego. Questo principio si applica anche in conformità al principio di non discriminazione, che vieta di riservare un trattamento svantaggioso ai lavoratori a termine.

Sulla base di queste premesse, la Corte Suprema rigetta il ricorso del Comune datore di lavoro e conferma il diritto della dipendente a tempo determinato di ricevere la somma trattenuta indebitamente. La sentenza si basa sul rispetto dei principi di autonomia contrattuale delle parti sociali e di non discriminazione nei confronti dei lavoratori a termine.

Avvocato Ester Cattaneo