Lavoro notturno, ecco le norme che ogni azienda deve rispettare
Il lavoro notturno in Italia è definito dal Decreto legislativo 8 aprile 2003 numero 66 che attua le direttive 93/104/CE e 2000/34/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro. Secondo l’articolo 1, comma 2, lettera d), il periodo notturno è di almeno sette ore consecutive.
Secondo la nota 26 novembre 2020 numero 1050 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il contratto collettivo deve stabilire il numero di ore giornaliere di lavoro notturno, che può essere inferiore o superiore alle tre ore previste dalla legge, e il numero di giorni necessari affinché venga considerato lavoratore notturno. A causa delle implicazioni sulla salute e sulle relazioni familiari e sociali dei lavoratori, le aziende che utilizzano il lavoro notturno devono rispettare le norme del Decreto legislativo numero 66/2003 e del contratto collettivo.
Per ricorrere al lavoro notturno, l’azienda deve prima consultare le Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA), se presenti e aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato. In caso contrario, la consultazione avviene tramite l’Associazione cui l’azienda aderisce o conferisce mandato. Secondo l’articolo 12 del Decreto legislativo numero 66/2003 (3bis), la consultazione deve essere effettuata e conclusa entro sette giorni.
Secondo l’articolo 14 del citato D.Lgs, il datore di lavoro deve far valutare lo stato di salute dei lavoratori notturni da parte di strutture sanitarie pubbliche o del medico competente, a proprie spese. I controlli, preventivi e periodici, devono essere effettuati al massimo ogni due anni per verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno. Tuttavia,(5) la periodicità dei controlli deve essere aumentata se il medico competente prescrive una cadenza inferiore e in caso di variazione dei rischi legati al lavoro. La prescrizione è indicata nella Circolare del 3 marzo 2005 numero 8 del Ministero del lavoro.
Durante il lavoro notturno, l’azienda deve garantire un adeguato livello di servizi o mezzi di prevenzione e protezione, come previsto per il turno diurno, previa informativa alle rappresentanze sindacali. Questo è stabilito dall’articolo 14, comma 2, del Decreto legislativo numero 66/2003.
I lavoratori notturni che svolgono mansioni esposte a rischi particolari hanno diritto ad appropriate misure di protezione personale e collettiva, adottate dall’azienda, previa consultazione con le Rappresentanze Sindacali Aziendali. Inoltre, i contratti collettivi possono prevedere ulteriori misure di protezione per particolari categorie di lavoratori, come quelli che lavorano con sostanze psicotrope o per la prevenzione dell’AIDS. Questi contratti possono anche prevedere maggiorazioni retributive per le prestazioni notturne, maggiorazioni che il datore di lavoro deve riconoscere in busta paga.
Il lavoro notturno è vietato per le lavoratrici madri di figli minori di tre anni. La stessa interdizione si applica ai lavoratori con figli minori di otto anni (articolo 8, D.Lgs numero 66/2003).
Per tali dipendenti, il lavoro notturno può essere derogato a determinate condizioni. In particolare, la lavoratrice madre può lavorare di notte se lo richiede il suo interesse e quello del figlio, ed è garantita la sorveglianza del minore durante l’assenza della madre. Inoltre il datore di lavoro deve ottenere un certificato medico che attesti la compatibilità tra lo stato di gravidanza e il lavoro notturno. La stessa deroga vale per le donne in allattamento.
Se il medico competente o una struttura sanitaria pubblica accertano l’inidoneità del dipendente al lavoro notturno, l’azienda deve assegnare il lavoratore a mansioni equivalenti diurne, se disponibili. Se non ci sono posti di lavoro diurni equivalenti, il datore di lavoro può risolvere il rapporto per giustificato motivo oggettivo. Tuttavia la contrattazione collettiva può definire le modalità di applicazione di queste disposizioni e individuare soluzioni alternative nel caso in cui non sia possibile assegnare il lavoratore a mansioni diurne equivalenti.
La durata dell’orario di lavoro notturno non può superare le otto ore in media nell’arco di ventiquattro ore, a norma dell’articolo 13 D.Lgs cit. Questo limite è calcolato dall’inizio dell’esecuzione della prestazione lavorativa. La media è basata su un terzo delle ore lavorate e non lavorate. I contratti collettivi possono individuare un periodo più ampio sul quale calcolare il limite. Nel calcolo della media non è inclusa la durata del riposo settimanale se già stabilito dagli accordi collettivi.
Avvocato Ester Cattaneo