Licenziamento tardivo, sentenza della Cassazione
Nella sentenza n. 10802 del 21.04.2023, la Cassazione ha stabilito che la violazione del termine per l’adozione del provvedimento conclusivo di un procedimento disciplinare, stabilito dalla contrattazione collettiva, può integrare una violazione della procedura di cui all’art. 7 St. lav. e rendere operativa la tutela prevista dall’art. 18, comma 6, dello stesso Statuto, purché il ritardo nella comunicazione del licenziamento non sia notevole e ingiustificato. Il ritardo deve essere tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività.
Nel caso in esame, la dipendente ha impugnato il licenziamento ricevuto sostenendo che la notifica fosse arrivata oltre 30 giorni dalle giustificazioni richieste, come previsto dal CCNL applicato. La Cassazione ha deciso di accogliere la richiesta di reintegra della lavoratrice, nonostante la prima lettera di recesso non sia mai arrivata a destinazione per un errore nell’indirizzo di consegna.
La sentenza della Cassazione ha stabilito quindi che il mancato rispetto dei termini previsti dal contratto collettivo per la comunicazione del licenziamento può essere considerato una violazione di natura diversa a seconda del ritardo con cui la procedura di recesso giunge al termine. Se il ritardo è solo di pochi giorni, la violazione ha solo natura formale/procedimentale, mentre se il ritardo è notevole e ingiustificato, la violazione sarà sostanziale e lederà il principio di tempestività, creando affidamento nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto.
In questo caso, la Suprema Corte ha accettato il ricorso della società, limitatamente alla tutela applicabile, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia.
Avvocato Ester Cattaneo