Mobbing e soft mobbing: cosa dice l’ordinamento giuridico italiano
Il mobbing sul lavoro consiste in un insieme di comportamenti vessatori e intimidatori, compiuti da un datore o da altri colleghi, al fine di isolare e mortificare un dipendente.
Nell’ordinamento giuridico italiano, i comportamenti mobbizzanti possono assumere una rilevanza penale se riconducibili a delitti contro la persona e a delitti contro l’onore. In particolare, le azioni mobbizzanti possono essere rapportate alle lesioni personali (art. 582 c.p.), lesioni personali colpose (art. 590), ingiuria (art. 594), e diffamazione (art. 595).
La giurisprudenza si è occupata di questo tema in numerose occasioni, riconoscendo il mobbing come un fenomeno grave e dannoso per la salute psicofisica dei lavoratori. In particolare, una recente sentenza della Corte di Cassazione (sez. V, penale), N. 31273 del 9 novembre 2020, ha stabilito che il mobbing costituisce un delitto di atti persecutori.
Secondo la sentenza, il datore di lavoro che mette in atto una serie di comportamenti vessatori, tesi alla mortificazione e all’isolamento del lavoratore dipendente, viola la sua libertà di autodeterminazione e commette un reato di atti persecutori ai sensi dell’art. 612-bis c.p. Nella fattispecie considerata dalla sentenza, il lavoratore era stato sottoposto a continui atti vessatori, culminati in un licenziamento pretestuoso e ritorsivo, che avevano provocato un grave stato di ansia e paura.
Esiste anche una forma più attenuata, chiamata soft mobbing. Tali comportamenti non presentano una continuità delle azioni vessatorie, ma sono comunque punite dalla legge italiana e vengono ugualmente ritenute un danno all’integrità psicofisica del lavoratore.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3977 del 19 febbraio 2018, ha riconosciuto la possibilità di ottenere un risarcimento per le azioni ostili o discriminatorie dei datori di lavoro o dei colleghi che danneggiano il lavoratore, anche se sporadiche e non continuative.
La Corte ha inoltre confermato che la nozione medico legale dello straining è una forma attenuata di mobbing, la cui pretesa risarcitoria può essere fondata sull’art. 2087 cod. civ., che impone al datore di lavoro di tutelare l’integrità psicofisica e la personalità morale del lavoratore. Questo obbligo comporta l’astensione da ogni condotta finalizzata a ledere tali beni e l’impedimento di situazioni idonee a mettere in pericolo la salute e la dignità della persona.
La responsabilità del datore di lavoro sorge ogniqualvolta l’evento dannoso sia riconducibile a un comportamento colposo, all’inadempimento di specifici obblighi legali o contrattuali o al mancato rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede.
Avvocato Ester Cattaneo