Sono valide solo le dimissioni telematiche.

Quando possono ritenersi valide le dimissioni?

È noto, ma la premessa è d’obbligo, che il dipendente può risolvere il rapporto di lavoro a tempo indeterminato rassegnando le proprie dimissioni.

Le dimissioni possono essere volontarie oppure per giusta causa.

La differenza tra le due tipologie di dimissioni può essere sintetizzata come segue.

Il primo tipo è disciplinato dall’art. 2118 del codice civile, che regola il recesso dal contratto a tempo indeterminato. Secondo il primo comma dell’articolo, “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità“.

Per quanto di interesse, il lavoratore è tenuto a prestare il preavviso, a meno che venga esonerato dal datore di lavoro a svolgere l’attività lavorativa. Decorrenza e durata del preavviso sono stabilite dalla contrattazione collettiva e dipendono, in particolare, dal livello di inquadramento e dall’anzianità di servizio del lavoratore.

Nel secondo tipo di dimissioni, invece, regolato dall’art. 2119 del codice civile (recesso per giusta causa) il lavoratore non è tenuto a prestare alcun preavviso perché sussistono ragioni che non ne consentono la prosecuzione, anche provvisoria (la giusta causa non è “tipizzata” e può consistere in più motivi: il più frequente, per fare un esempio, è il mancato e prolungato pagamento delle retribuzioni).

In entrambe le ipotesi viste, le dimissioni, per essere valide, debbono rispettare determinati requisiti. Non è sufficiente infatti, oggi, inoltrare una semplice comunicazione per manifestare la volontà di risolvere il rapporto di lavoro.

Con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle cosiddette dimissioni in bianco, infatti, il Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015 (uno dei decreti attuativi del Jobs Act) ha introdotto un canale obbligatorio per l’inoltro delle dimissioni volontarie (e della risoluzione consensuale del rapporto).

A partire dal 12 marzo 2016 dunque le dimissioni devono essere effettuate in modalità esclusivamente telematica, con l’utilizzo da parte del lavoratore di una procedura tramite il portale governativo Cliclavoro.

In alternativa l’invio  del modello online può essere effettuato anche per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione ed enti bilaterali.

Questo, attualmente, è l’unico modo valido per rassegnare le dimissioni.

La normativa richiamata non altera la natura dell’atto di dimissioni come negozio unilaterale recettizio, ma richiede, ai fini dell’efficacia dell’atto, il rispetto di determinate forme.

Lo ha ricordato pochi giorni fa la Cassazione, risolvendo un caso in cui era controversa, tra le parti, la modalità di risoluzione del rapporto. Il lavoratore sosteneva di essere stato licenziato oralmente, mentre per l’azienda aveva rassegnato le dimissioni, abbandonando spontaneamente il posto di lavoro.

Mentre la Corte d’Appello ha ritenuto che il rapporto di lavoro si fosse estinto, la Corte di Cassazione ha riformato la sentenza di secondo grado, ritenendo inefficaci le dimissioni non inoltrate telematicamente.

Cassazione Civile Sezione Lavoro Ordinanza n. 27331 del 26.09.2023